raccontia modo mio

Alberto Malagutti

A modo mio Come la malattia mi ha cambiato la vita

a modo mio

Rinascere dopo la malattia

 Alberto Malagutti è nato a Bagnolo San Vito (Mantova) il 4 luglio 1955. Lascia la scuola superiore prima di conseguire la maturità, per iniziare a lavorare, soprattutto per organizzate automobilistiche di marchi prestigiosi. Riprenderà gli studi, seguendo i corsi serali, per diplomarsi nella seconda metà degli anni ottanta. Sposato con Claudia, ha due figli: Ronnie e Debora.

Grande appassionato di sport, ha giocato a calcio, corso in bici, ma soprattutto si è impegnato nelle gare automobilistiche: è entrato a far parte della commissione sportiva automobilistica italiana, e ha partecipato, in qualità di giudice di gara, a molti campionati italiani di velocità in circuito, seguendoli spesso anche nelle loro uscite all’estero. È un patito lettore, con una predilezione per ciò che riguarda la cultura dei pellerossa, e adora i film western.

Nel 2009 viene colpito da un ictus e deve ricominciare tutto da capo: “A modo mio”. Come la malattia mi ha cambiato la vita è la storia di questi ultimi anni.

È segretario della sezione di ALICe Mantova ONLUS

 

Così la dott.ssa Emanuela Galante neuropsicologa del reparto di riabilitazione ospedale Don Mazzolari (Azienda Ospedaliera Carlo Poma, Bozzolo-Mantova)

“Negli ormai numerosi anni di lavoro come psicologa in neuroriabilitazione penso di avere imparato almeno due cose.

La prima: per quanto io abbia bandito la parola “accettazione” (di malattia) dal mio vocabolario, ritengo che un percorso di adattamento agli esiti di un evento neurologico acuto, quale l’ictus che ha colpito Alberto, sia sempre possibile. Spesso anzi i pazienti con i quali abbiamo l’onore di lavorare ci sorprendono per il coraggio e la tenacia con cui mettono a frutto gli sforzi, le indicazioni; in una parola il lavoro del team riabilitativo.

La seconda: l’approccio narrativo, cioè il raccontare a se stessi e agli altri,, chi eravamo chi siamo ora e come siamo arrivati ad essere quello che siamo, può avere un grande potere psicoterapeutico.

Credo che Alberto in questo suo libro riesca ad illustrare bene entrambe le cose, mostrandoci come, con fatica e sofferenza ma anche con  tanto amore ed entusiasmo, sia riuscito ad adattarsi agli esiti dell’ictus che lo ha colpito ed avendo il coraggio e la tenacia (chi conosce Alberto non se ne stupirà) di mettere nero su bianco la propria esperienza ed il proprio percorso. Terapia per se stesso e, ci auguriamo, esempio e incoraggiamento per chi si trovi a vivere esperienze analoghe di malattia e riabilitazione.

Mi capita spesso di pensare alle persone che ho incontrato in questi anni nel corso della mia attività lavorativa come a degli eroi, che hanno combattuto ed in ogni modo vinto la battaglia con gli esiti invalidanti della propria malattia.  Alberto è sicuramente uno di questi”

 

Così la Dott.ssa Alessia Lanari, medico della Stroke Unit, Azienda Ospedaliera Carlo Poma di Mantova

“ Quando mi posso alzare?…con tutti questi fili non riesco…!” Questa fu la prima domanda che Alberto pose quando entrammo, il mattino del ricovero, nella sua stanza con la semplicità di un bambino e con lo sguardo infuocato dalla stizza di una tigre ferita in gabbia” 

 

Commento di Alberto Malagutti per A.L.I.Ce. 

Nel testo dipano il drappo lucente e l’abito lussuoso della mia semplice ma fiera vita condotta fino al giorno dell’ictus.

Questa malattia ha rischiato di condannarmi all’allontanamento dalla società civile, a causa delle ridotte capacità neuromotorie che hanno colpito la parte sinistra del mio corpo.

Quel giorno sveglia di buon ora: ero atteso all’autodromo del Mugello per svolgere la mia funzione di giudice di gara in un intenso wee-kend di competizioni automobilistiche.

Insieme a questo, tante altre cose hanno “arricchito” la mia vita: ho sempre svolto un’attività lavorativa piacevole e costellata di esperienze dirette, vissuta per mia volontà a continua trazione anteriore; ho una famiglia alla quale, sono convinto di essermi concesso al massimo delle mie possibilità; ho l’ hobby automobilistico, che ho coltivato per tanti anni che mi ha arricchito nello spirito e formato nel carattere, e quello dell’attività fisica, svolta in varie forme, come le gradevoli camminate sui sentieri di montagna sia d’estate che d’inverno e l’uso amatoriale della bicicletta da corsa.

 Nel libro, non mancano cenni alla difficile riabilitazione motoria che pratico presso  centri che nel tempo si sono rivelati, soprattutto grazie allo spessore professionale degli addetti ai lavori, veri propri centri d’eccellenza.

Così come non mancano cenni alla mia terra, alle mie radici, alle quali sono indissolubilmente legato;  da qui sono partito, per questo lungo viaggio con tanta fiducia e dedizione per il bene dei miei cari.

Gli obbiettivi sono stati fissati ed uno alla volta con puntiglio li sto raggiungendo.

Il mio racconto illumina  una nuova  frontiera di  sanità, più umana e meno influenzata da business, burocrazie ed eccessi formali. Ciò che viene messo in luce è una grande fiducia di tutto il personale medico nelle proprie conoscenze medico-scientifiche e nella loro grande capacità di applicazione, un vero e proprio “culto”, un patrimonio in continua crescita  che non deve essere deturpato dalla valutazione, impropria e del tutto “materiale”, di costi e benefici che a breve-medio termine potrebbe far cessare gli impulsi, degradando gli orizzonti futuri della specializzazione medica.

Pensiamo solo a quante persone, grazie ad un’adeguata riabilitazione, possano avvicinarsi di nuovo ad una conduzione di vita sempre più autonoma meno disagiata e meno disagevole per le persone care che ci circondano.

Questi sono i motivi per i quali mi sono impegnato a mettere nero su bianco questa mia esperienza.

Da subito ho cercato il modo di pubblicare la mia narrazione, fortemente convinto, anche un po’ presuntuosamente, di dare sollievo, forza  e spirito a chi come me attraverserà il letto del torrente che si allarga enormemente all’improvviso raggiungendo dimensioni inimmaginabili prima. Sarà grazie a questa “nuova” forza che saremo in grado di superare questo evento imprevisto, perché il nostro impeto deve essere superiore allo scorrere dell’acqua del tumultuoso corso, che nel frattempo si è modificato in ampiezza, divagando in molti rivoli secondari , ovvero le nostre difficoltà quotidiane.

Il risultato ha un titolo: “A modo mio” , 146 pagine, condite di aneddoti, speranze e tanta positività espressa in forma leggera e scorrevole.

 Vivo nel mio paese con accanto la moglie,i figli ed alcuni amici con i quali abbiamo creato un’allegra e chiassosa brigata; ho conseguito la patente, guido l’auto e a fare fisioterapia ci vado autonomamente.

Un’esperienza che so benissimo non essere l’unica: tante persone si ammalano e soffrono, tante guariscono tante no.

Io ho sentito l’esigenza di raccontare questo mio percorso per “sfogarmi”, per cercare di rendermi utile a chi magari sta male e davanti a se vede solo nero.

La speranza non deve mai morire: questo è il messaggio che esce dalla mia narrazione, che ha la sua forza nella semplicità di una storia di vita.

Non avrei mai pensato di scrivere un libro, ma a convincermi sono state le persone che mi hanno circondato e che tutt’oggi mi fanno sentire  tutto il loro calore, affetto e amore e che non mi hanno mai abbandonato.

Al contrario, qualcun’altro l’ha fatto; questo lo confido per la prima volta senza alcun pietismo ma con altrettanto sano realismo.

Anche l’azienda presso la quale ero occupato mi ha lentamente fatto accomodare alla porta d’uscita.

Non mi sono perso d’animo e in linea con il mio carattere ho cercato le opportunità per riempire gli spazi di inattività quotidiana. Infatti, come la salute me l’ha permesso, ho iniziato ad operare come consulente da accesso informatico remoto per la vendita e il supporto nell’utilizzo di software gestionali di primari marchi nazionali e non solo, collegandomi di fatto all’ambiente nel quale ho operato con passione e serietà per tutto il mio ciclo lavorativo, che ancora non è chiuso.

La malattia mi ha inoltre fatto capire che avevo chiesto troppo al mio corpo: ero troppo assorto nel mio lavoro e assorbito da alcuni pensieri.

Siamo soggetti fragili e dobbiamo prestare più attenzione a noi stessi.

Ora intendo riprendere in mano la mia vita “A MODO MIO”, quella vita che mi era sfuggita senza che me ne rendessi conto … e per farlo sono ripartito dai ricordi